Dall’inquietudine del viaggio alla stabilità monastica

Oggi sono un monaco diocesano, ho professato la mia sequela
Christi in una via monastica, nelle mani del nostro Vescovo Corrado Pizziolo, in un servizio orante a favore di tutti i fratelli, in particolare quelli della Chiesa particolare di Vittorio Veneto nella quale vivo.

Oggi posso testimoniare senza alcun dubbio che il Volto del Signore Gesù in cui credo e al quale ho affidato la mia esistenza è amore, benedizione, misericordia, perdono…. sorpresa!
Perché sorpresa?
Avevo vent’anni quando iniziai a viaggiare per qualche anno: America del Nord, Sud America, foresta Amazzonica, Brasile, India; viaggiavo in silenzio, solo, mi fermavo, lavoravo, pregavo, sostavo, ripartivo, cercavo….. cercavo incessantemente… un volto… dapprima quasi inconsciamente il volto di mia madre, poi…. il Volto di Dio, scoperto fugacemente attraverso i gesti e qualche parola di un’anziana indigena animista conosciuta in un villaggio della foresta amazzonica.

Poi, dopo molti anni, l’arrivo nel monastero di Camaldoli dove pensavo di rimanere per sempre.
Invece no; dopo 5 anni ancora fuori, ancora in viaggio, verso dove? Un paesino, Moriago, nel quale un giorno andando a trovare con l’allora mio maestro dei novizi, una monaca diocesana, Fernanda, dissi che in un luogo così non avrei mai abitato… In quel piccolo paese, invece, abito da 10 anni, condivido la vita e l’esperienza monastica con la sorella Fernanda e non vivrei in nessun altro luogo della terra.

A Moriago ho emesso la mia professione monastica, lì ho posto la mia tenda e ho detto il mio “sì per sempre”, lì il Signore ha voluto fermare la mia inquietudine, per sempre.
Il Signore sorprende al di sopra di ogni possibile nostra immaginazione…. Grazie Signore!

Marco Alesiani – monaco diocesano –

Un pensiero su “Dall’inquietudine del viaggio alla stabilità monastica

  1. Caro Marco, non ti conosco, ma leggendo il tuo scritto, mi sono tornate alla mente queste parole.
    **Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli racconto il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: “E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno, sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anche io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una cittò in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l’altra metà Jekel!”. E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quele costruì la sinagoga intitolata ‘Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel’. “Ricordati bene di questa storia – aggiungeva allora Rabbi Bunam – e cogli il messaggio che ti rivolge: c’è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare”. **
    E Martin Buber commenta **C’è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova. (…) E’ qui, nel luogo preciso in cui ci troviamo, che si tratta di far risplendere la luce delle vita divina nascosta. (…) Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica”. M Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon. Comunità di Bose, Torino, febbraio 2004.
    Caro Marco, la tua testimonianza parla anche alla mia vita: nulla viene perso del nostro continuo peregrinare, dentro e fuori di noi. …ma verrà un giorno in cui il nostro “Sì!” fermerà la nostra inquietudine. E sarà pace vera. Grazie, Marco!
    Laura (da Vidor)

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