Cambiare il mondo e la società… a suon di Vangelo
La grande affermazione del capitolo IV di Evangelii Gaudium consiste nella puntualizzazione circa l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, con tutte le conseguenze che da qui si ricavano. La prima reazione è dunque quella di «desiderare, cercare e avere a cuore il bene degli altri» (178), riconoscendo che «nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi». Di conseguenza, «il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza» (179).
Del resto, «nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale». Semmai, «una fede autentica – mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra» (183). È in questo contesto che Papa Francesco individua «due grandi questioni […] che determineranno il futuro dell’umanità» (185): l’inclusione sociale dei poveri (II sezione) e l’impegno ad essere costruttori di pace (IV sezione).
Una domanda, a questo punto, deve interrogare il nostro essere Chiesa: come concretamente abitare da credenti lo spazio pubblico? Come vivere una fattiva attenzione ai poveri e un reale impegno per costruire la pace? Mi sembra che il punto fondamentale di partenza consista nel riscoprire da credenti un senso di appartenenza alla Chiesa, come parte di corpo unito e ben articolato. Un po’ come le note di un componimento musicale, o i vari strumenti di un’orchestra. Se riviviamo questa coesione fraterna attorno a Cristo, forse davvero saremo capaci di un cambiamento sociale.
Restando nella similitudine della musica, mi sembra che il capitolo IV di Evangelii Gaudium ci richiami l’urgenza di recuperare alcuni elementi essenziali.
Anzitutto, il “pentagramma” della storia. Questa storia, la nostra storia, il “qui e ora” (e non: altrove o in un altro tempo). Occorre abitare il cambiamento e la complessità, aggiornandosi rispetto alle problematiche che l’uomo vive nella quotidianità, riformare i linguaggi uscendo dall’abitudine a parlare un “ecclesialese” di difficile comprensione al di fuori della cerchia dei pochi “eletti”. Mondo del lavoro, bene comune, politica, economia, legalità, promozione della pace, custodia del creato: non possiamo più permetterci che le nostre comunità cristiane siano estranee (o coinvolte solo marginalmente) rispetto a queste tematiche!
La fede come “chiave”, la gioia come “ritmo”, la carità come “basso continuo”: altri ingredienti per dare credibilità alla “sinfonia” del Vangelo. Immigrazione, fragilità della famiglia, difesa della vita contro ogni “cultura dello scarto”, ascoltare il grido della terra contro ogni forma di inquinamento ambientale e, prima ancora, morale: solo qualche esempio che ci ricordi la concretezza dell’amore che ci è chiesto.
Senza paura delle alterazioni in “bemolle” (le fatiche e i fallimenti) o in “diesis” (le sfide e le provocazioni), certi che la creatività dello Spirito Santo, unita alla nostra, saprà superare il pessimismo e l’accidia di chi afferma: “Tanto non cambia nulla…”.
Ma a tenere il “tempo” e a dettare la “linea melodica” sono i quattro princìpi che Papa Francesco inserisce al cuore del IV capitolo. Si potrebbero riassumere così: preòccupati di dare, più che di avere; pensa a servire, più che a dominare; impègnati ad essere, più che ad apparire; abbi lo sguardo sulla globalità, senza mai perdere di vista le ricchezze dei particolari.
Vivere questo è convertire la logica di un agire mondano, è rendersi disponibili a cambiare se stessi, prima di pretendere che siano gli altri a farlo. È questo che ci fa profeti, voce fuori dal coro, per invitare tutti a prendere il “La” dal Vangelo di Cristo.
don Andrea Forest
Delegato vescovile per la pastorale sociale