Capitolo primo: La trasformazione missionaria della Chiesa

Papa Francesco apre l’Esortazione Apostolica sulla Gioia del Vangelo con un capitolo intitolato: La trasformazione missionaria della Chiesa. Il titolo la dice lunga sulla Chiesa che Bergoglio sogna: un Chiesa “in uscita”, pronta a una continua conversione, dinamica, capace di farsi prossima a ogni uomo e a ogni donna del nostro tempo.
Cinque sono le sezioni nelle quali si articola il suo pensiero in proposito. Nella prima (Una Chiesa in uscita), l’invito è quello a prendere sul serio, come cristiani, la chiamata biblica a uscire dalla propria terra, dai propri pensieri, dai propri luoghi comuni, per portare avanti con rinnovato slancio la missione evangelizzatrice della Chiesa. «Tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (20). «Fedele al modello del maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio e senza paura» (23).
Una Chiesa in uscita è una Chiesa che prende l’iniziativa, che coinvolge e si coinvolge, che accompagna, che porta frutti, che festeggia.

Nella seconda sezione (Pastorale in conversione), Papa Francesco presenta una Chiesa capace di continuo rinnovamento, attenta alle persone più che alle consuetudini e alle strutture tradizionali. «Sogno una Chiesa missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che l’autopreservazione» (27). Il centro di questa Chiesa vicina alla gente è e deve continuare ad essere la comunità parrocchiale, perché è presenza ecclesiale nel territorio, Chiesa in contatto con le famiglie e con la vita concreta di ciascuno. I movimenti e le altre forme di istituzioni ecclesiali, ricchezza della Chiesa, abbiano cura di mantenere il contatto con la parrocchia e da essa prendano continua linfa. Anche le diocesi, i vescovi, il papato stesso siano continuamente chiamati ad un’autentica conversione missionaria, perché ciò che conta non è l’organizzazione ecclesiale, ma il «sogno missionario di arrivare a tutti» (31). «La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti – continua Papa Francesco – ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (33).
Tutto è importante, ci ricorda Bergoglio nella terza sezione (Dal cuore del Vangelo), ma il cuore del Vangelo è «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (36). «Quando la predicazione è fedele al Vangelo, si manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da se stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza! Tutte le virtù sono al servizio di questa risposta di amore. Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo. Poiché allora non sarà propriamente il Vangelo ciò che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche. Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non avere più “il profumo del Vangelo”» (39).

Nella quarta sezione (La missione che si incarna nei limiti umani), Papa Francesco invita a non restare ancorati a un linguaggio arcaico, troppo spesso incomprensibile alla gente comune, ma a trovare forme nuove per annunciare in maniera rinnovata il messaggio di salvezza: l’amore misericordioso di un Padre che ama ciascuno e accoglie ogni uomo e ogni donna guardando la persona, «al di là dei suoi difetti e delle sue cadute» (44).
Infine, nella quinta sezione (Una madre dal cuore aperto), Bergoglio ricorda come la Chiesa sia «chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre» (47). L’annuncio gioioso della salvezza è per tutti e deve arrivare a tutti! L’invito del Papa è perentorio e non può non scuoterci nel profondo, come singoli cristiani e come comunità: «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. (…) Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi date loro da mangiare”» (Mc 6,37). Siamo davvero pronti a tutto ciò?

Articolo di: Laura Dal Molin

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