Capitolo quinto: Evangelizzatori con Spirito

In questo capitolo quinto, Papa Francesco propone alcune riflessioni circa lo Spirito della nuova evangelizzazione: «Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio» (259) e la presenza di Dio in noi si realizza nello Spirito Santo.

Evangelizzatore con Spirito significa evangelizzatore che prega e lavora: il principio fondamentale di ogni motivazione è la preghiera (spazio interiore che conferisce senso cristiano all’impegno e all’attività di ognuno), polmone della Chiesa (262).

La preghiera, tuttavia, non può essere una fuga dal mondo, pertanto il Papa invita ad imparare dai santi: «A tale scopo vi propongo di soffermarci a recuperare alcune motivazioni che ci aiutino a imitarli nei nostri giorni» (263).

1. L’incontro personale con l’amore di Gesù che ci salva (264-267)

Il missionario è prima di tutto una persona che ha incontrato Gesù, rispondendo alla sua chiamata per rimanere con lui e diventando un testimone del suo amore.

Chi ama Cristo e il suo Vangelo si sente portato a raccontare il suo amore a tutto il mondo. I santi, infatti, volevano comunicare a tutti i costi la loro fede nell’amore di Cristo ed erano convinti che soltanto il Vangelo potesse salvare il mondo.

La fedeltà allo stile di Gesù nell’evangelizzazione, poi, richiede l’obbedienza al Padre che vuole la salvezza di tutti i suoi figli, perciò l’evangelizzatore è chiamato ad amare la Chiesa, corpo di Cristo.

2. Il piacere spirituale di essere popolo (268 – 274)

«Per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente (…) Lo sguardo di Gesù si allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo. Così riscopriamo che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza» (268).

Non c’è anima santa che scopre l’amore di Dio nel Crocifisso che non bruci di amore per il suo corpo che è la Chiesa, anzi per ogni essere umano in tutto il mondo, e il modello di questa scelta evangelizzatrice è Gesù (269).

Andando da chi soffre, andiamo da Cristo. Visitare un malato è visitare Cristo. Occuparsi con fede e carità delle sofferenze umane ci porta sempre di più a fare l’esperienza di appartenere a un popolo.

Papa Francesco afferma che la missione è un fatto esistenziale: Dio ha creato l’uomo per una missione. Il Creatore chiama l’uomo alla vita e gli affida la missione di custodire il creato. La vocazione dell’uomo è dialogare con Dio e lodarlo. Dopo il peccato e la redenzione, il Crocifisso risorto affida agli Apostoli il compito della nuova creazione, come riconciliazione e pacificazione universale, per arrivare a rendere tutti gli uomini fratelli in Gesù e figli del Padre, nel Figlio Diletto (273).

Papa Francesco, allora, ci insegna a riconoscere la vera identità di ogni uomo per essere buoni missionari e non persone che cercano di soddisfare le proprie esigenze, usando discriminazione tra le persone (274).

Non è certamente facile arrivare a vivere la nostra vocazione e missione in questo modo così profondamente evangelico, perciò abbiamo bisogno di far crescere la nostra fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, e nell’azione del suo Spirito.

3. L’azione misteriosa del Risorto e del suo Spirito (275-283).

Non si può partire da un atteggiamento pessimista verso la realtà: la realtà in se stessa potrebbe scoraggiare il missionario, ma la fede nella risurrezione di Cristo aiuta il credente a vedere nell’oscurità una luce nuova che dà vita e che presto darà frutti.

Il Papa mette in luce qui l’importanza della fede nella forza misteriosa del Vangelo. Noi crediamo nell’amore di Dio «che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività» (278).

Tutto questo richiede «una decisa fiducia nello Spirito Santo, perché Egli viene in aiuto alla nostra debolezza (Rm 8,26)» (280).

Papa Francesco conclude questo capitolo parlando dell’importanza della preghiera per gli altri nella missione (La forza missionaria dell’intercessione), invitandoci a osservare l’interiorità di un grande evangelizzatore come San Paolo, per cogliere come era la sua preghiera: non soltanto intercessione, ma anche ringraziamento a Dio per il dono di fratelli e sorelle nella fede.

La motivazione principale che deve guidare il chiamato alla missione è l’unione con Cristo, vera vite. Non possiamo fare nulla senza Cristo e Lui è sempre in mezzo ai suoi per realizzare il progetto di amore del Padre. Il discepolo è chiamato ad attingere, dalla sua presenza nella sua vita, forza e amore per annunciare il suo Vangelo di pace e di perdono. Il discepolo, guidato dallo Spirito Santo, è chiamato a dire le parole di Gesù e a imparare da lui ad amare e servire ogni uomo. Così il discepolo offre la propria vita per amore di Cristo e del suo corpo che è la chiesa.

Dio è glorificato in modo speciale quando l’amore di Cristo porta gli Apostoli e ogni discepolo del Vangelo a non vivere più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.

La Chiesa è madre e agisce come la Madre per eccellenza, Maria. L’ultimo capitolo dell’esortazione presenta Maria, la madre dell’evangelizzazione. «Lei è la Madre della Chiesa evangelizzatrice – dice Papa Francesco -, e senza di lei non possiamo comprendere pienamente lo spirito della nuova evangelizzazione (284). Ella si è lasciata condurre dallo Spirito, attraverso un itinerario di fede, verso un destino di servizio e fecondità. Noi oggi fissiamo lo sguardo su di lei, perché ci aiuti ad annunciare a tutti il messaggio di salvezza, e perché i nuovi discepoli diventino operosi evangelizzatori» (287). Come missionari del Vangelo, non possiamo uscire in missione senza Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa.

Marta Adami

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